Se esiste una cosa certa fra tutte le incertezze di questo momento storico è che non si tornerà alle condizioni precedenti Marzo 2020. La portata globale della pandemia è senza precedenti e, a seconda del paese in cui il contagio si è diffuso, il suo impatto diretto si sta traducendo in una più o meno grave emergenza sanitaria e in un più o meno severo distanziamento sociale. Sono proprio questi ultimi gli elementi che devono essere presi in considerazione per primi per prevenire gli effetti negativi che già stanno influenzando l’economia. È naturale che le imprese spingano per riaprire e ripartire il prima possibile. È tuttavia altrettanto importante prepararsi adeguatamente per affrontare un periodo impegnativo di ‘adattamento’ al nuovo contesto, agendo già ora e non dopo su aspetti che potrebbero aiutare a ripartire con slancio.
Si è parlato molto ad esempio di telelavoro, adeguamenti organizzativi delle unità produttive ed alcune di questi cambiamenti sono già in atto. Tuttavia, un aspetto che influenzerà molto la capacità delle imprese a ripartire con facilità è strettamente correlato a come avranno gestito la soddisfazione dei clienti in questo periodo di grande difficoltà.
Quanto di buono o meno buono stiamo facendo ora viene infatti amplificato dalla loro percezione; come detto la crisi è prima di tutto sanitaria, quindi gli individui si sentono toccati e coinvolti nei bisogni primari, nella sicurezza personale. Il distanziamento sociale, inoltre, ha un impatto sulla libertà individuale. Lo stato emotivo dei clienti derivante da questo tipo di minacce, agisce come cassa di risonanza delle azioni e dei comportamenti che proprio in questa fase stiamo riservando loro. Se la customer experience e la customer satisfaction saranno state messe a dura prova durante questo periodo, non ci si potrà aspettare una ripartenza facile quando ‘tutto sarà finito”. A quel punto potrebbe essere troppo tardi per recuperare terreno e ripartire.
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Mantenere alta la soddisfazione dei clienti è un obiettivo che deve essere perseguito sempre. Tuttavia, quando il mercato diventa incerto e si presentano momenti di crisi come quella generata dal Covid-19, salvaguardarla deve diventare una priorità strategica. Nei settori ipercompetitivi del B2C in cui la pressione sui prezzi è alta e il costo di sostituzione basso, l’argomento è spesso definito come “il problema del cliente infedele”. Le società di telefonia mobile sono un esempio tipico; esse hanno la necessità di tenere costantemente sotto controllo i tassi di abbandono (Churn) per preservare la redditività della customer base. Questi operatori sono costretti a lanciare campagne di marketing molto aggressive per “strappare clienti” ai concorrenti. La competizione causa migrazioni da una società all’altra, motivate da vantaggi di costo o da una migliore qualità dei servizi offerti.
Per dare una risposta a questa problematica, si ricorre a strumenti in grado di fare analisi predittive per capire se un cliente è fedele o sta per cambiare fornitore. Oggi è possibile avvalersi di modelli basati ad esempio sul machine learning che permettono di gestire i “sovraccarichi” informativi per estrapolare pattern nascosti nei dati e guidare più velocemente le azioni tattiche dell’azienda.
Quali metodi vengono in aiuto delle aziende quanto il problema del “cliente infedele” si presenta in settori B2B con fatturati concentrati in un numero minore di clienti, costi di sostituzione più alti e relazioni d’affari più longeve?
Se nel B2C sono i volumi a rendere complesso il business, nel B2B è spesso la relazione d’affari e la dinamica che si crea tra cliente e fornitore a creare condizioni di insoddisfazione, infedeltà e abbandono (Churn). Per questo è importante intervenire tempestivamente per misurare l’esperienza del cliente e i suoi livelli di soddisfazione. Un metodo efficace pertanto consiste nel condurre indagini accurate finalizzate a comprendere l’esperienza del cliente. Nel B2B, il valore delle indagini non si limita al feedback dei clienti esistenti, con alcune modifiche nella progettazione e nell’approccio, è infatti possibile capire le cause profonde alla base del churn e intervenire per tempo.
Il churn rate è il tasso di abbandono o tasso di defezione che esprime la percentuale di clienti che ha abbandonato un servizio in un dato periodo di tempo rispetto al numero totale di clienti che ne ha usufruito nello stesso periodo.
Il churn rate è inversamente proporzionale al retention rate: quanto più basso è il churn rate, tanto più alto è il retention rate e viceversa. Incrementare il tasso di fedeltà della clientela, minimizzando il tasso di abbandono, è l’obiettivo primario dell’impresa soprattutto nei periodi di crisi.
Quando si conducono indagini sulla customer experience, si ottiene sempre una visione complessiva della soddisfazione dei clienti ma, allo stesso tempo, si ha accesso a informazioni dettagliate sulle persone coinvolte nell’indagine e sui loro processi decisionali. Il risultato è l’accesso a conoscenze che consentono di mantenere felici i clienti nel tempo, comprendendo a fondo le leve su cui intervenire. Le indagini, se svolte con professionalità e una corretta metodologia per il B2B, sono percepite come un investimento, e creano occasioni di rinforzo delle relazioni personali e d’affari.
Perdere un cliente e doverne guadagnare uno nuovo è tra le 5 e le 25 volte più costoso che mantenere quelli esistenti. È fondamentale comprendere l’esperienza dei nostri clienti in modo da poter imparare a prevenire perdite simili in futuro. Come quindi è possibile usare l’indagine per analizzare il churn dei nostri clienti?
Avere un obiettivo chiaro in mente è importante con qualsiasi indagine di Customer Satisfaction. Per quanto riguarda il churn dei clienti, lo scopo del sondaggio deve essere identificare ciò che ha fatto sì che un cliente smettesse di utilizzare il nostro prodotto o servizio evidenziando le aree di miglioramento.
Lo scopo del sondaggio deve essere chiaro sia internamente che esternamente. Tutte le parti coinvolte devono essere consapevoli del motivo per cui si raccolgono i dati e di cosa si prevede di fare con essi. Inoltre, bisogna garantire il supporto dei principali responsabili decisionali dell’azienda che hanno il potere di agire in base alle informazioni che si ottengono.
La trasparenza è essenziale anche quando si raggiungono i clienti più problematici. Se capiscono che i loro commenti saranno utilizzati intenzionalmente, c’è una maggiore probabilità che forniranno un feedback costruttivo che possa essere utilizzato nei piani di miglioramento.
In alcuni casi si può prevedere di intervistare non solo i clienti esistenti, ma anche i clienti che sono già passati alla concorrenza.
I clienti persi hanno pochissimo incentivo a dedicare del tempo a fornire un feedback e questo dovrebbe riflettersi nella progettazione del sondaggio. Di solito si incontrano resistenze con i clienti esistenti, quindi è del tutto ragionevole trovare resistenze anche maggiori con i clienti che ci hanno abbandonato. Progettare indagini brevi, poco impegnative e facili da comprendere può essere indicato in casi come questi. Il sondaggio dovrebbe mirare ad arrivare alla radice del problema il più rapidamente possibile.
Di solito quando si progetta l’indagine si pensa ai temi da affrontare, alle domande da fare e alla formula con cui porle. La parte che riguarda l’analisi del churn potrebbe essere una singola sezione dell’intera intervista. Nel caso in cui volessimo rivolgerci ai nostri “non più clienti”, si potrebbero estrapolare solo le domande che servono per essere più concisi ed efficaci. Ad esempio:
- Una domanda su scala quantitativa che chieda ai clienti di valutare la loro esperienza complessiva con l’azienda. Questo genererà una semplice cifra quantitativa che sarà un utile punto di confronto.
- Una domanda a scelta multipla che chieda al cliente cosa ha determinato la decisione di passare alla concorrenza. Questo vi fornirà una panoramica del motivo alla base della loro perdita.
- Una domanda aperta accompagnata da una casella di risposta a testo aperto, ad esempio “Come possiamo migliorare il nostro prodotto/servizio?”. Ciò consentirà agli ex-clienti di fornire dettagli più qualitativi sulla loro esperienza e di fornire dati specifici e utilizzabili.
È importante ricordarsi che i clienti conservano sempre un interesse a comunicare cosa secondo loro i fornitori devono migliorare oppure cosa avrebbero dovuto far meglio per non perderli. Uno dei motivi è che per loro esiste un costo relativo al cambiamento del fornitore che preferirebbero evitare.
Le indagini di Customer Experience hanno anche un altro obiettivo: identificare i clienti che stanno per decidere di sostituirci ed intervenire subito per recuperarli.
Identificare potenziali perdite dei clienti prima che si verifichino non è sempre facile, tuttavia quello che la relazione commerciale in essere non mette in luce potrebbe emergere con forza durante l’indagine di Customer Experience. Il cliente infatti si sente più libero di esprimersi, capisce che la conversazione è finalizzata solo al miglioramento del servizio, pertanto comunica con maggiore trasparenza i punti su cui vorrebbe vedere un cambiamento.
Una volta raccolti e analizzati i dati, è il momento di passare all’azione. L’analisi dei dati permette di confermare le ipotesi iniziali e di scoprire i veri motivi di insoddisfazione. Si scopre quanto siano generalizzate le cause che portano i clienti all’insoddisfazione o alla decisione di passare alla concorrenza. Raccogliendo le prove a supporto delle intuizioni iniziali, l’azienda può iniziare a fare i miglioramenti necessari con maggiore convinzione.
Infine, tutti i risultati dell’indagine possono diventare la base di azioni di condivisione e brainstorming interni, incoraggiando il processo decisionale e consentendo a tutti i membri dell’organizzazione ad agire. Dopo tutto, il feedback ha poco valore fino a quando non viene utilizzato. Solo quando avremo capito perché i clienti ci hanno abbandonato, potremo sapere veramente cosa fare per trattenere quelli che ancora abbiamo.