Navigare la nuova normalità: usare le informazioni esistenti, creare quelle che mancano

Si sente spesso dire che COVID-19 ha colto di sorpresa. È davvero così? Usare le informazioni in modo corretto è una priorità per le aziende ora che iniziano ad operare nella nuova normalità.

“Non avere informazioni è limitante. Averle e non usarle è devastante.”

21 February 2020:Tedros Adhanom Ghebreyesus, capo del OMS, durante una video intervista esprime preoccupazione e sintetizza il messaggio rivolto ai leader delle nazioni di tutto il mondo in una semplice frase: “la finestra di opportunità” per evitare la pandemia “si sta chiudendo”.

11 March 2020:Tedros Adhanom Ghebreyesus dichiara il coronavirus pandemia. In quella stessa occasione afferma:

  • “Abbiamo chiesto a tutti i paesi di prendere provvedimenti urgenti e attivarsi con azioni aggressive. Abbiamo suonato l’allarme chiaro e forte.”
  • “La maggioranza dei casi – il 90% dei 118,000 accertati – sono concentrati in 4 paesi: Italia, Iran, Arabia Saudita, e Cina. Non possiamo dirlo più forte, più chiaro o più a lungo di così: tutti i paesi del mondo hanno ancora la possibilità di cambiare il corso di questa pandemia.”
  • “Alcuni paesi stanno soffrendo a causa di una mancanza di competenze, alcuni stanno soffrendo per una mancanza di risorse, altri stanno soffrendo per una mancanza di volontà nel risolvere il problema.”

Come può accadere che informazioni chiare, semplici e disponibili a tutti siano utilizzate parzialmente, male interpretate o addirittura completamente ignorate?

Il tema pandemia non è né nuovo né sconosciuto. Der Spiegel, epidemiologo tedesco lo ha ricordarlo in una sua intervista quando ha risposto alla domanda: “Affrontare l’attuale pandemia è stato un déjà vu per lei che di mestiere fa l’epidemiologo?”

“Abbiamo avuto la SARS nel 2003, nel 2009 abbiamo avuto la swine flu e nel 2013 c’è stata l’influenza H7N9. Ogni pandemia è differente. Ma per i ricercatori penso che sia molto importante lasciarsi stupire dalla natura.”

Era il 4 marzo del 2013 quando le parole del Dr. Shelly Batra (President, Operation ASHA) sono state citate dal Magazine TIME nell’articolo “Drugs Don’t Work”. Parlando dell’orrore di quella nuova forma di tubercolosi oramai completamente resistente a qualsiasi medicina, il Dr. Batra dichiara: “Siamo sulla soglia di una nuova epidemia che non ha alcuna cura, Se questa tubercolosi si diffonde nel mondo torneremo ai tempi del medioevo”.

Identificare le informazioni mancanti

Se l’informazione dell’OMS, così facilmente accessibili e riferite ad un rischio ben noto all’umanità è venuta così scarsamente in aiuto alle decisioni, c’è da chiedersi quale possa essere l’impatto quando l’informazione necessaria a prendere decisioni strategiche non esista affatto.

Leggi anche il nostro articolo su come adattare gli analytics alla nuova normalità

Da alcuni decenni, ogni giorno alla stessa ora un ricercatore esce da una base scientifica in Antartide per lasciare una sonda e misurare la temperatura nei diversi strati dell’atmosfera. Si tratta di una delle molte misurazioni realizzate giornalmente in tutto il mondo per cercare di prevedere le conseguenze dei cambiamenti climatici.

Studiare nel dettaglio quello che accade in Antartide è necessario per capire quello che succede nel mondo. Un piccolo problema ai ghiacci dell’Antartide ad esempio può significare l’acqua alta a Venezia, e la ricerca scientifica può aiutare a invertire la devastante tendenza delle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Il global warming così come l’inquinamento da microplastiche rientrano in quella categoria di eventi di cui sono note le cause ma non si conoscono con precisione gli effetti. Lo scioglimento dei ghiacciai di montagna ha avuto negli ultimi anni un ritmo di 335 miliardi di tonnellate perse ogni anno. A queste possiamo aggiungere – come riporta la Nasa – quasi 300 miliardi di tonnellate perse ogni anno dallo strato glaciale della Groenlandia e quasi 130 miliardi da quello dell’Antartide. E il ritmo di scioglimento si sta facendo sempre più rapido.

Oggi sono 15 milioni i chilometri quadrati coperti dai ghiacci sulla Terra, circa il 10% delle terre emerse. Questa massa di ghiaccio racchiude il 69% dell’acqua dolce del pianeta e – se si sciogliesse integralmente – il livello del mare salirebbe di 70 metri.

Prevedere con precisione tutte le implicazioni non solo a livello macroscopico, tuttavia, richiede uno sforzo enorme e costante di ricerca e analisi dei dati. Ecco perché diventa cruciale mettere a disposizione di chi ha il compito di raccogliere e analizzare i dati strumenti e risorse adeguate.

Anche la pandemia è un evento di cui è ben nota la causa (COVID-19) ma non sono del tutto chiari gli effetti. Per le aziende pertanto si tratta di riflettere e analizzare con cura il proprio contesto informativo:

  • le informazioni già disponibili sono correttamente utilizzate?
  • quali informazioni è imperativo ottenere?
  • di quali informazioni (e relativi processi/tecnologie) possiamo fare a meno?

Se da un lato è fondamentale avere la certezza che le informazioni saranno usate correttamente, prima ancora di crearle o accedervi con sofisticate tecnologie, ancora più importante è capire quanto esse siano rilevanti.

Riuscire a misurare la rilevanza delle informazioni significa definirne il valore per chi ne fa uso, metterle in ordine di priorità e usarle per procedere verso i propri obiettivi. Quando questo passaggio è gestito correttamente il processo decisionale diventa più veloce e affidabile mentre i costi per la raccolta e gestione dei dati si riducono.

Alle volte l’informazione risponde solo a una parte dei quesiti aperti, in altri casi permette di formulare domande più precise. Affinché sia rilevante quello che conta è che sia in grado di permettere un passo in avanti, rispetto ai limiti che dividono l’azienda dai propri obiettivi.

Potenziare il processo di analisi

Solo dopo che i fabbisogni informativi sono stati correttamente identificati si può procedere alla definizione delle modalità di raccolta e gestione, cioè agli aspetti più tecnici e operativi.

Nell’ultimo decennio grande importanza è stata data a investimenti in tecnologie abilitanti. Intelligenza Artificiale, IoT (Internet Of Things), Machine Learning, Robotica sono state sviluppate internamente, acquisite in outsourcing o assemblate per creare nuove soluzioni in una logica di Open Innovation.

Tuttavia, quando la tecnologia è applicata senza una pre-analisi in grado di evidenziare chiaramente il vantaggio del caso d’uso si rischia di distruggere valore.

Comprendere la relazione uomo-macchina è fondamentale per fare in modo che la tecnologia si traduca in un aiuto concreto. Per quando potente e sofisticata essa sia, resta una creazione di esseri umani e deve servire a esseri umani. Questi ultimi come sappiamo hanno risposto e risponderanno ancora per molto tempo alla medesima “configurazione” genetica. Non bisogna quindi mai perdere di vista la realtà secondo cui la tecnologia può evolvere rapidamente, l’uomo (per il momento) no.

Si pone pertanto una sfida molto importante per le aziende che vogliono usare tecnologie abilitanti a proprio vantaggio. L’obiettivo è imparare a bilanciare l’interazione tra uomo e macchina al fine di ottenere un maggiore gestione della (iper)complessità presente nel contesto attuale, pertanto un ritorno sull’investimento.

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